
Ti dissero che eri una donna difficile, perché non volevi farti condizionare da nessuno. La tua SENSIBILITÀ la scambiarono per debolezza. Ti dissero che era caparbia, ostinata, testarda. La tua intensità venne sempre fraintesa.
Nascesti così, povera figlia femmina di un padre che ti amava troppo e di uno che ti amava troppo poco e che non volle darti il suo cognome. Ogni urto però ti ha lasciato addosso una CICATRICE, prima il padre che non ti ha riconosciuta, poi il marito che non ti ha amata. E allora prendesti in mano la penna. Perché «non ci si libera di una cosa evitandola, ma solo attraversandola».
E ci mettesti tutta te stessa: cuore, anima, immaginazione. In un’epoca in cui andava di moda essere freddi, distaccati, tu torni a parlare di sentimenti. Fu quel tuo carattere appassionato a far innamorare di te Moravia. E poi a farlo allontanare perché tanta intensità non sempre la si sopporta. Troppo sensibile ti dissero.
Eri una donna. E quell’etichetta non te la scrolla nessuno. Non ti prendono sul serio i critici, gli intellettuali ti disprezzano. Ma tu non ti lasci intimidire. Vai dritta per la tua strada. Fregandotene di tutto e di tutti. E poi te ne esci esci così con questo romanzo che si chiama «la Storia» e che dà voce agli ultimi, ai piccoli, quelli che la Grande Guerra e perfino la Resistenza stritola. Fu uno scandalo, ma a te non importava, perché il vero SCANDALO per te è la guerra.
E sei sempre stata cosi, «irriducibile insubordinata, solitaria». Immensa. Grazie Elsa per avermi mostrarti che la vera forza sta nel non piegarsi alle aspettative degli altri, ma nel restare se stessi. Sempre.