| «Atonale potrebbe significare soltanto: qualcosa che non corrisponde affatto all’essenza del suono. Già la parola tonale viene usata in modo non giusto, se la s’intende in un senso esclusivo e non inclusivo. Solo questo può essere valido: tutto ciò che risulta da una serie di suoni, sia attraverso il mezzo di riferimento diretto ad un solo suono fondamentale oppure mediante connessioni più complicate, forma la tonalità. Dovrebbe essere chiaro che da questa definizione, la sola giusta, non si può dedurre nessun sensato concetto opposto che corrisponda al termine atonalità. Un pezzo di musica sarà sempre tonale almeno nella misura in cui tra suono e suono deve sussistere una relazione in virtù della quale i suoni, giustapposti e sovrapposti, danno una successione riconoscibile come tale. La tonalità può essere allora forse non avvertibile o non dimostrabile, questi nessi possono risultare oscuri, difficilmente comprensibili o persino incomprensibili. Ma chiamare talune specie di rapporti atonali, è altrettanto inammissibile quanto lo sarebbe chiamare a-spettrali o a-complementari dei rapporti tra colori. Una simile antinomia non esiste. Per di più non abbiamo ancora esaminato la questione se il modo in cui le nuove sonorità si connettono non costituisca precisamente la tonalità di una serie di dodici suoni. Anzi, probabilmente è così e noi ci troviamo in una situazione simile a quella determinatasi al tempo in cui si usavano le tonalità ecclesiastiche. A questo proposito osservo che si sentiva, allora, l’effetto di una nota fondamentale, ma non si sapeva quale fosse e si provava con tutte. Qui non la si sente, ma ciò non di meno è probabile che esista. Se proprio si cercano appellativi, si potrebbe ricorrere politonale o pantonale. Ma ad ogni modo bisognerebbe stabilire se non si tratti ancora semplicemente di tonalità. » |