Comunicazione
– D’accordo, ciao papà. – riaggancio la cornetta.
Compongo un altro un numero.
Il barista continua a lanciarmi brevi ed ostili occhiate, mentre Marina mi sta dicendo che non riesce ad uscire di casa.
– Chiama i vigili del fuoco, oppure forza la serratura. –
– Si, scherza, scherza… E’ inutile non ci riesco! E’ già mezzogiorno e sono qui che devo ancora lavarmi i capelli, e sono senza shampoo, e… –
– Senti Marina, questa conversazione mi sembra senza sbocco. –
– Hai ragione. – E riaggancia.
Fisso la cornetta, perplesso; a volte è strana; io le voglio bene, ma certe volte questa donna è veramente strana.
Esco dal bar e vengo aggredito da un vento freddo; freddo ma secco. Mi piace.
Adoro questo clima, è una giornata fantastica: limpida come solo le giornate di fine Gennaio sanno esserlo.
E comunque sono incazzato. Senza motivo. Una rabbia assoluta, pura, cristallina come questa luce di mezzogiorno.
Penso che magari potrei andare a trovarla. le compro lo shampoo, sfondo la porta… a lei basta poco per essere contenta; no, troppo vento per arrivare fin là; inoltre la mia rabbia e la sua pseudo-depressione non raggiungerebbero nessun tipo di accordo.
Antonella mi sta dicendo che fra un’ora Federico ed il fratello saranno qui a prendere i mobili.
– Tutti e due!? Ma non posso, ti ho detto che avresti dovuto avvisarmi, per quell ’altro! –
– Ma io, il furgone, ce l’ho solo per oggi! Solo per oggi, capisci? Dopo non potrò più,
mai più! –
– Dai, non essere così definitiva… –
Definitivo. Mi piace. Penso che dovrei cominciare ad usarlo più spesso, quest ’aggettivo.
Continuo a ripetermelo, pronunciandolo internamente: DE-FI-NI-TI-VO. Bello. E’ efficace, fluido; le sillabe scorrono fuori che è un piacere. Definitivo.
Fa molto “minimalista”.
Intanto Antonella sta continuando a parlare; “rientro” in quello che mi sta dicendo, anche se lo so già: mi ripete le stesse cose da oltre dieci minuti, ormai.
– Ma perché sei così definitiva? – le ripeto solo per assaporarne ancora il suono.
Sono soddisfatto; ormai non seguo più la conversazione, penso a come l’aver usato un termine così delizioso possa avermi, di colpo, risollevato il morale.
Apocalittici e Assonnati
Il suono petulante del citofono irrompe, ottuso, nel sogno, dileguandolo.
Imprecando mi alzo dal letto e vado a rispondere.
– Buon giorno, il signor Felici? – Il tono è forzatamente gioviale.
– Si. –
– Bene. Buongiorno, il mio nome è Rossano. –
ROSSANO?!
– Si.- Non so se ridere o piangere.
– Senta, avremo piacere di parlare un po’ con lei. –
– Parlare…. –
– Si, ma non vorremmo disturbarla, forse ha da fare. –
– Dormivo. – Sono le otto di Domenica.
– Oh, mi scusi per il disturbo, però potrebbe concederci dieci minuti per dirci cosa ne pensa della guerra delle malattie della delinquenza della droga dell’ambiente e se crede che dobbiamo rassegnarci oppure ha fiducia in una vita diversa… –
08.00 di Domenica e ROSSANO vuol sapere se ho fiducia in una vita diversa
– Si, insomma, lei crede che possa esserci una possibilità di salvezza per l’uomo, che possa essere felice? –
Potreste cominciare voi, evitando di rompere i coglioni al prossimo specie a quest’ora del mattino!
– Ascolta, Rossano, io stavo dormendo. –
– Ho capito e sono mortificato, ma non potrebbe dirmi se esiste, secondo lei, una possibilità di salvezza… –
– Sto cercando di dirti che non sono abbastanza lucido per affrontare l’argomento.-
– Beh, magari ripassiamo tra qualche giorno… –
– Si. Addio. – Torno a letto.
Ale sbadiglia:
– Chi era? –
– Rossano. –
– Chi? –
– Te l’ho detto: ROSSANO! –
– E chi è Rossano?! –
– Cosa vuoi che ne sappia… –
– Ma insomma, chi era? Che voleva? –
– Una POSSIBILITÀ’ DI SALVEZZA. –
– Cosa? –
– Lascia stare; dormi. –
L’ Olandese e Schopenhauer

Il monumento è tetro. Nonostante sia ben illuminato, trasmette una sensazione angosciosa, però i gradini non sono sporchi, c’ è poca gente nei paraggi ed il vino è ancora fresco.
Stappiamo la seconda bottiglia.
– Questo è un Pinot di Pinot. – annuncia, trionfante, Federico.
– Ottimo. – replico dopo una lunga sorsata. Passo la bottiglia a Marina.
L’ alcool accelera l ’euforia che mi attraversa le vene; sembriamo usciti da un racconto di Bukowski; lancio un’occhiata ad Antonella: pelliccetta bianca, gonnellina nera, tacchi a spillo… fa niente, lei neanche sa chi sia, C.B.; in compenso mi strappa la bottiglia di mano e tracanna un lungo sorso.
Marina la guarda preoccupata:
– Ti ricordi, vero, di essere astemia? –
– Per stasera farò un’eccezione! – tutta contenta, le gote già arrossate.
– Dobbiamo festeggiare la tua prossima assunzione! – sorridendomi.
– Ma quale assunzione, Antone’! –
Marina insiste:
– Ripensa a quelle rare volte che hai bevuto. –
Federico, al contrario, la incoraggia:
– Dai, che questo l ’ho trafugato dalla cantina di mio padre! – Probabilmente spera di allentarne le “difese”.
Lancio un’occhiata complice a Marina, che mi restituisce un sorriso malizioso.
Antonella comincia a ridacchiare; è difficile rintracciare il senso di quello che dice, perso tra le bollicine del “Pinot”.
La tentazione è veramente forte; mentre Federico prova affettuosi “approcci”, Marina ed io la incalziamo:
– Perché non ci racconti di quella volta che ti sei giocata a carte un ragazzo? –
Il sorriso di Federico è attraversato da una sottile tensione.
Antonella lancia un ‘ occhiata di traverso:
– Marina, glielo hai raccontato tu, vero? – fingendo di rimproverarla.
– Perché, invece, non gli hai detto dell’Olandese? –
– Di chi? – Sardonica, Marina chiede conferma.
– Ma si, non ti ricordi? Come si chiamava… Peter … Soren…boh… comunque era bellissimo. – e giù un altro sorso. – … si, stupendo. –
Il sorriso di Federico si fa sempre più “stretto”.
– Ma dai, raccontaci di quel tipo che ti sei giocata a carte! – la incito di nuovo.
– No, non è interessante. L’Olandese, piuttosto; ti ricordi Mari’: bello come il sole e anche colto; gli piaceva la musica classica. –
M’illumino! Marina mi ha già raccontato l’episodio: non me lo perderei per nulla al mondo:
– Ah, gli piaceva la musica classica, eh, e allora? –
Lei comincia a sghignazzare. Marina, infida e spietata, tace e aspetta.
– …e così ci siamo ritrovati a parlare di musica; io non ci capisco molto, di musica classica, poi; però non potevo sfigurare: quando lui mi chiesto quali autori preferissi ho avuto un attimo di panico, poi mi sono ripresa, gli ho sfoderato un bel sorriso e: “Dunque, Beethoven, Mozart, e…Schopenhauer.” – e comincia a ridere a crepapelle.
Marina mi guarda, soddisfatta; io sono piegato sui gradini a tenermi la pancia; Federico ha una risatina di circostanza.
Antonella continua:
– Ed ero convinta, eh. Poi siamo tornate a casa, ci siamo messe a letto;
dopo un attimo riaccendo la luce sul comodino:
“A Mari’, ma chi era Schopenhauer?” –
Amir

Settimana infinita, mese infinito, giorni lenti e ansiogeni. Devo darmi una calmata.
Amir ha tratti autistici, fa la quarta elementare e, da fuori, sembra tranquillo. Gli piace giocare col computer. Incredibile come, nella scuola italiana , abbia fatto questa frettolosa e caotica irruzione l’informatica. I bambini non sanno ancora tenere la penna in mano, ma conoscono almeno una cinquantina di videogiochi, e sono bravissimi in tutti.
La bidella porta il computer ad Amir, fuori dall’aula, in corridoio. Lui si collega e comincia subito a giocare con una destrezza inverosimile. Dopo una mezz’ora chiedo al bambino se non preferisca fare dei disegni, coi pennarelli colorati; lui semplicemente scuote le testa. Amir è tranquillo, ma in classe ha il vezzo di spintonare i compagni, di gettare per terra ciò che trova sui banchi.
Entro in classe e chiedo alla sua maestra se magari non sarebbe meglio provare….
“ No, lui sta bene lì a giocare al computer; è molto bravo, vedrai”.
Ecco, meglio tenerlo buono col suo portatile, così non dà fastidio.
Montessori docet . SIGH!
Nel frattempo sento le altre maestre sgolarsi: “ Silenzio!” “ State buoni!” “Zitti, fermi!”
“Ora ti metto una nota!” Resa incondizionata di signore giovani e meno giovani, frustrate e al limite dell’isteria.
“Lei trova i miei metodi insani, Capitano?”
“ In realtà, io non….vedo….alcun metodo, signore” ( Da “Apocalypse Now”)
Ecco, nessun metodo. Solo nozioni affastellate, aridi concetti e urla, urla disperate di insegnanti disperate.
Oltretutto non si può neanche dar loro la colpa. Devono portare avanti i programmi dettati dal ministero, portarli avanti a qualunque costo…e finirli entro l’anno scolastico. Non vedo alcun metodo, appunto.
Questo delirante sistema di premi e punizioni.
Qui si stanno plasmando anime, formando uomini e donne che dovranno affrontare sfide sempre più complesse, che daranno ordini e ne riceveranno.
Che esseri umani saranno? Forti? Tenaci? Coraggiosi? Spietati? Deboli? Pavidi? Sottomessi? Ma soprattutto: avranno un’etica? Saranno capaci di empatia? Sapranno amare davvero?
Nel frattempo, Amir ha finito anche l’ultimo livello del suo gioco preferito ; è soddisfatto; le insegnanti non hanno dovuto occuparsene e sono soddisfatte; i compagni non sono stati infastiditi da questo ragazzino particolare e sono soddisfatti.
Il mio tempo con lui è terminato, ed io, non so perché, ma non mi sento per nulla soddisfatto.
Io ricordo

Io ricordo.
Ricordo un ‘altra età.
Credevo fosse l’età dell’oro; poche regole, completa autonomia, nessuno a cui rendere conto.
25 anni possono essere il Paradiso o l’Inferno… o entrambi.
C’era la musica, il vino, le donne, le feste, i libri, i discorsi, le notti in bianco; a guardarli da qui sembra letteralmente un’altra era. Né rimpianto né gioia, così doveva essere, così è stato.
C’erano tante “cose”; senza dubbio c’era pochissima consapevolezza. Nessun obiettivo, né materiale né spirituale.
Ora mi sento stanco, ma anche allora ero stanco. E’ una stanchezza diversa. Allora era una stanchezza “di comodo”, ora è la stanchezza di chi ha terminato la giornata con un senso.
Anche l’energia, non è diminuita, è cambiata di qualità; ora so che posso attingerne sempre perché è infinita e si rinnova continuamente.
Quando mi guardo indietro mi piace quel che vedo; non è nostalgia, è la consapevolezza che tutto il Passato mi ha portato a questo punto, ad essere come sono.
Poi, ad un certo punto, un nuovo inizio, una nuova era, tutto è cambiato e mi sono ritrovato, di colpo, ad essere un uomo nuovo, nuovi orizzonti, nuove convinzioni, nuove energie, nuove mete, nuove certezze. Tutto molto concreto. Si.
Non sono più “da solo”. Devo alzarmi dal letto e pensare a NOI, programmare la giornata per NOI, lottare per NOI, “tenere duro” per NOI, continuare per NOI, essere forte per NOI, qualsiasi cosa per NOI.
Consistenza. Uno dei mille doni che hai portato nella mia vita è la CONSISTENZA. Cammino sentendo la forza nelle gambe, la terra sotto i piedi, il mio respiro. Tutto così REALE.
Dicono che la Storia non si fa con i “se”; ma questa non è la Storia e quindi posso dire che se non fossi entrata TU nella mia vita,ora non sarei ciò che sono. Mi piace ciò che sono. Mi piace ciò che siamo.
Abbiamo passato mille difficoltà e ancora ne passeremo, ma la prospettiva è cambiata.
Lo sai, vero, che l’ideogramma Cinese per dire “crisi” e “opportunità” è lo stesso?
Ecco: questa è la prospettiva.
Se mi guardo indietro c’è una cosa che non riesco più a vedere: la mia PAURA.
Mi hai tolto anche quella.
Noi siamo fatti per stare insieme. Non c’è dubbio.
Parcheggio riservato

“ Oh, Sereso, me devi fa’ un favore….”
Ecco, ci siamo; Rino, come al solito, sta per metterci nei guai. E’ matematico: ogni volta che il signorino mi chiede qualcosa che esula dai nostri giri abituali, succede sempre qualcosa di sgradevole.
“ Dobbiamo andare in libreria, perché mi serve il testo per prepararmi agli esami di radioamatore…”
Cristo! Rino, molti anni fa, aveva un baracchino e si divertiva a parlare con altri radioamatori, spacciandosi per Volontario della Protezione Civile….mannaggia a lui e a chi ce l’ha fatto credere.
Ad ogni modo, adesso si è messo in testa di dare gli esami per il patentino di Radioamatore, cosa che non succederà mai, ovviamente.
Entriamo nella libreria, prima di accorgerci che vendono solo libri scolastici: “ No, mi spiace, non abbiamo manuali del genere; potreste provare alla libreria vicino la stazione….”
“ C’è una libreria vicino la stazione??”, chiedo, dubbioso. “Si si, li di fronte” Mah.
Passiamo davanti la stazione, ma di librerie neppure l’ ombra e comunque dobbiamo parcheggiare.
C’è giusto un parcheggio davanti la Coop, abbastanza ampio dove, però, stanno bivaccando dei Peònes, di incerta etnia; alcuni hanno delle bottiglie di birra in mano e un ‘espressione ben poco amichevole.
Rino ha un permesso per invalidi, e nel parcheggio c’è un posto riservato agli invalidi.
Peccato che il posto sia occupato da un tipo poco raccomandabile, mezzo addormentato, mezzo brillo che non ha alcuna intenzione di sloggiare.
Rino ha già iniziato una sequela di bestemmie, e fa per scendere dall ‘auto; io lo anticipo, sperando di chiudere la vertenza in modo pacifico. Nel frattempo si sono avvicinati tre o quattro Peònes con fare minaccioso: “ Ohi, che volete?! Avete un sacco si spazio per parcheggiare!”
“Ma scusa, non puoi chiedere al tuo amico di spostarsi per un paio di metri”, io, conciliante.
“ Ma no, sta dormendo! Solo perché siamo stranieri non ci potete trattare così!”
Ecco qua: il tipo mi sta dando del razzista…a me!
Siamo ad un passo dalla rissa; mai come ora penso che questo lavoro sia pagato davvero troppo poco.
Con grande fatica, allontano Rino dalla “mischia”, mentre il tizio assonnato, con fare indolente e provocatorio si sposta per farci parcheggiare.
Gli animi , comunque, sono ancora accesi.
Rino:” I chiamo i Carabinieri!”
“E chiamali, dai, vediamo che gli racconti!”
Di forza, trascino il mio assistito fuori dal parcheggio.
Dopo un giro veloce, ci rendiamo conto che non c’è nessuna libreria.
“Le gomme, cazzo, vuoi vedere che quelli ci bucano le gomme??”
Ritorniamo in gran fretta alla macchina e diamo immediatamente un ‘ occhiata alle ruote: fiuuuu, sono
intatte.
Neanche 200 metri dopo, mi accorgo che lo specchietto retrovisore è scomparso. Keppalle!