
Robert Redford aveva questo sorriso particolare, un po’ storto, che gli alzava una parte della faccia e che lasciava giù, quasi ferma, l’altra. Sembrava sempre sul punto di ammiccare, di annuire, di stringersi leggermente nelle spalle. Sapeva qualcosa che gli altri ignoravano. Oppure, pensavo, gli era venuta in mente una battuta così divertente che gli era impossibile trattenere gli scatti istintivi dei lineamenti. Mi ha sempre ispirato una certa consapevolezza. Del mondo, di quello che gli stava intorno; delle storie che raccontava.
Credo che sia riduttivo dire che era un bravo attore e un bravo regista. Era qualcosa di più, di diverso. Qualcosa che, oggi, fatica a trovare uno spazio e una possibilità. Qualcosa che probabilmente oggi non esiste nemmeno. Era un uomo di cinema a 360°. E quello che diceva e faceva rifletteva il cinema. L’arte, l’industria; un particolare modo di interpretarlo e di viverlo. Va bene ricordarlo per i suoi ruoli (anche io, come alcuni amici, l’ho apprezzato tantissimo in Spy Game con Brad Pitt, dove dimostra di avere un carisma e un fascino fuori dal comune, e in Tutti gli uomini del Presidente, uno dei miei film del cuore).
Va ricordato, però, pure il lavoro incredibile che ha fatto con il Sundance Film Festival, che per una certa generazione di artisti, registi e attori è stato il centro del mondo e l’inizio di tutto. Ho adorato gli ultimi film che ha diretto: La regola del silenzio, The Conspirator e Leoni per agnelli; ho adorato anche i film, diciamo così, più commerciali, come La leggenda di Bagger Vance (e io non so assolutamente niente di golf).
Era elegante, Robert Redford. È serio e preciso e intelligente. C’è stato un periodo in cui ho recuperato compulsivamente tutto quello che aveva fatto solo per il piacere – e ve lo giuro: con alcuni film è andata esattamente così – di sentirlo parlare. Prima di quel momento avevo conosciuto il Robert Redford doppiato da Cesare Barbetti. Vederlo muoversi sullo schermo e accogliere con le espressioni qualunque sensazione, anche la più piccola, è sempre stato intrigante. Un po’ come studiare un illusionista che si prepara a fare una magia e che promette: nessun trucco, nessun inganno.