
“Mi sono convinto da tempo che la vera forza stabilizzante del sistema poggi sull’immensa massa di coloro che non possono pensare. Chi non può pensare non va giudicato come un ritardato o come qualcuno che non può fare qualcosa perché non vuole.
È un caso umano che nasce come nasce, e nulla lo cambierà, perché è come nascere con gli occhi neri, i capelli biondi, piccolo o alto di statura. Il fatto che non possono pensare non significa che sono scemi, significa che non possono fare operazioni mentali fuori dall’ambito che controllano perfettamente perché sono stati istruiti a conoscerlo. Sono per lo più ingegneri, tecnici di ogni tipo, ragionieri, militari, contabili. Sono gente che, proprio in virtù della loro limitatezza, è stata addestrata a eseguire, spesso con bravura una funzione.
Ma cosa significa che non possono pensare? Che non possono vedere se non quello che vedono. Se pensare è la continua domanda circa il rapporto fra i concetti e le parole di cui si dispone e la sfasatura sempre evidente fra esse e quello che cercano di farci sapere, dunque una dura lotta fra quello che si crede di saper e quello che manifestamente non sappiamo proprio perché, riflettendo comprendiamo che quello che crediamo di sapere è pieno di buchi, di incongruenze, di ipotesi non prese in considerazione, il non pensante pensa che quello che sa è certo e dunque usa le parole e i giochi linguistici ai quali è stato addestrato (ad esempio la matematica, o meglio i calcoli – per i grafici poi va in delirio orgonico) in modo perfetto e le usa come semplice strumento esecutivo, per ottenere una risposta certa riguardo a un problema limitato e stupido, magari aggiungendo anche dei miglioramenti.
Ora riversate questa immensa massa sul piano delle relazioni sociali e dategli, anzi imponetegli di esprimere la loro, utilizzando vari mezzi, dal voto, alla discussione al bar, dal circolo del dopo lavoro fino ad oggi con social network.
Cosa accade? che il non pensante non può, data la scoperta e il perfezionamento dei mezzi di comunicazione di massa, dai giornali, alla radio, alla Tv, a internet, che assorbire e fare propri tutti messaggi che riceve da questi mezzi e che sono l’espressione stessa del potere costituito.
Modi opinare, valori, idee generali, ordini ideologici con cui viene raccontato l’ordine sociale, conseguenze delle credenze che facciamo nostre diventano parte della loro mente e sono inattaccabili, finiscono per diventare il contenuto della loro anima.
Se oggi il sistema ti dice che la pace è il bene supremo, il non pensante, convintissimo, ripete che la pace è il bene supremo; se domani ti dice che devi essere pronto a fare guerra per salvare la libertà nel mondo, allora ripete convintissimo che non è la morte a farci paura. Se ieri ti dice che devi siringarti perché altrimenti muori e ammazzi, lui si siringa nonostante che abbia già fatto l’influenza e sia guarito e non prenda in considerazione che solo in Italia ci sono15 milioni di vivi che dovrebbero essere morti e sono morti una quantità di ultra-siringati. E così via …
Rispetto a ieri, quando i monarchi temevano più di ogni altra cosa l’opinare e l’esprimere pubblico del loro opinare dell’immane massa dei loro sudditi, di cui naturalmente, ieri come oggi la più parte era costituita di non pensanti, e dunque facevano di tutto perché al massimo dicessero la loro alla moglie, che li mandava subito a cagare per direttissima, cosa è cambiato? I mass media, come giustamente ha fatto rilevare Noam Chomsky, sono il potere, perché appunto sono dotati di un intrinseco potere di autorità, per cui chi è sottoposto ad essi e non ha un minimo di capacità di pensare, non potrà che farsi che l’eco del potere costituito, che ripetere quello che gli viene suggerito”.
Duccio Morosetti