
CIELI D’ESTONIA, CACCIA IN INSEGUIMENTO: ROUTINE DI PROPAGANDA O PACE SULL’ORLO DEL BARATRO?
Ha destato grande clamore e preoccupazione lo sconfinamento, avvenuto poche ore fa, di tre MiG-31 russi che hanno volato senza autorizzazione per ben dodici minuti nei cieli dell’Estonia, fino a quando non sono stati intercettati da altrettanti F-35 italiani della Baltic Air Policing e quindi respinti.
Questo episodio si affianca indubbiamente a quelli verificatisi di recente: in Romania, il 14 settembre 2025, quando un drone di Mosca ha violato lo spazio aereo romeno lungo il Danubio; e in Polonia, tra il 9 e il 10 settembre scorsi, quando complessivamente ventitré droni russi hanno oltrepassato per centinaia di chilometri la frontiera polacca durante un massiccio attacco contro l’Ucraina, salvo poi essere in parte abbattuti da caccia polacchi e olandesi. Proprio quest’ultimo episodio ha spinto Varsavia ad attivare l’articolo 4 del Patto Atlantico.
Certo, a un orecchio non esperto tutto ciò potrebbe suonare come le trombe del settimo sigillo; in realtà, più che annunciare la fine del mondo, questi eventi possono essere paragonati ai cosiddetti posteggiatori napoletani che, al suono del putipù, segnalano l’apertura di un’attività commerciale.
Perché questo paragone? Semplice: episodi simili, da una parte e dall’altra, negli ultimi ottant’anni se ne sono registrati a centinaia ogni anno, tanto da avere persino una denominazione tecnica: gli “scramble”. Essi si sono verificati e continuano a verificarsi soprattutto in quattro o cinque quadranti: il Mar Baltico, l’Oceano Artico, l’Alaska, il Mar Nero e il Mar Mediterraneo.
Lo stesso film culto “Top Gun” (1986), che rese Tom Cruise un’icona mondiale, parla proprio di questo: episodi di scramble a volte conclusi bene, come oggi, altre volte finiti male, cioè con l’abbattimento di uno dei velivoli coinvolti se non addirittura con la morte di qualche equipaggio.
Persino l’ex Presidente della Repubblica Francesco Cossiga amava ricordare, nelle sue tante interviste, come potesse seguire via radio gli scramble della nostra Aeronautica Militare contro gli aerei sovietici che si avvicinavano allo spazio aereo NATO nel Mediterraneo.
In particolare raccontò che i piloti italiani, durante un’intercettazione, si presero a male parole con un equipaggio sovietico (quindi russo/URSS). Cossiga spiegava che, dal Ministero dell’Interno o della Difesa, poteva collegarsi alle frequenze operative e ascoltare le comunicazioni radio fra i nostri caccia e i velivoli avversari, cosa che fece anche durante un altro importante scramble. In quel caso, però, l’azione di interdizione non era rivolta ai sovietici ma agli americani, a causa del dirottamento dell’Achille Lauro e dell’“affaire Sigonella”.
Al di là del fatto che questi scramble si concludessero bene o male, ciò che garantì sempre il mantenimento della pace internazionale fu che, nella quasi totalità dei casi, non ne venne data notizia dagli organi di informazione oppure, quando resa pubblica, la vicenda fu fortemente minimizzata, seguendo lo storytelling della parte interessata.
La Russia, per esempio, non ha mai amato rendere noti gli sconfinamenti della NATO, preferendo dare ai propri cittadini l’idea che i cieli russi siano impossibili da violare. L’Occidente, invece, è stato sempre più propenso a diffonderne la notizia, sia per alimentare la russofobia, sia per rafforzare il senso di protezione offerto dagli Stati Uniti.
E la notizia di poche ore fa, rilanciata in gran cassa, serve proprio a questo: stringere anche i partner più dubbiosi verso Washington e accelerare tanto sul riarmo quanto sull’avversione alla Russia.
D’altronde, c’è poco da fare: in tempo di guerra, le prime vittime sono sempre l’obiettività e la verità.
Unica nota positiva in questa vicenda è la grande professionalità degli equipaggi in volo: tanto gli italiani quanto i russi hanno eseguito gli ordini con sangue freddo, senza colpi di testa né spari avventati che, dati il contesto e il ciclone mediatico, avrebbero potuto davvero precipitare il mondo nell’abisso.
Lorenzo Valloreja