
“It’s so hard” di Anouk risuona per tutta la casa. C’è gente che balla, che fuma, che beve a canna dalla bottiglia, qualcuno che pomicia in un angolo.
L’appartamento di Cristina è il classico appartamento da studente fuori sede: medio piccolo, due stanze, bagno e cucina, arredamento minimale.
In compenso c’è un’energia pazzesca che mi accende immediatamente.
“Cri!”
“Ohi, Davide, ce l’hai fatta, finalmente.”
“Traffico. Tieni” allungandole la bottiglia di Chianti presa all’enoteca sotto casa.
“Grazie. Di alcool non ce n’è mai abbastanza.” Un bacio veloce di saluto e scompare di nuovo.
Mi verso del prosecco nel bicchiere e mi guardo in giro. Molte facce conosciute, scambio di saluti a distanza.
Da “It’s so hard” siamo passati a “Nobody’s wife”, se possibile a volume ancora più alto.
Cristina è fissata con Anouk.
“Ohi, Davide, come stai?”
“Benone, tu?”
“La verità o una pietosa bugia?”
“Ovviamente la seconda.”
“Che stai bevendo?” glissa.
“Prosecco”
Mi strappa letteralmente il bicchiere dalle mani e tracanna d’un fiato.
Paola, terzo anno; tempo fa abbiamo avuto una breve relazione e ancora mi chiedo cosa non abbia funzionato.
Io. Io non sono adeguato. Nel mio software, la funzione “desiderio” è fortemente danneggiata.
Inoltre, ho seri problemi con la gestione dei sentimenti; non posso neanche affermare che siano loro a gestire me: è proprio il caos.
È come trovarmi alle pendici di una montagna che so di aver già scalato.
Torno a fissare Paola: mora, capelli corti, occhi verdi, intensi, un fisico perfetto, intelligente, spiritosa, sensibile. Non ricordo neanche più che scusa ho addotto per troncare, anche se lei conosce la verità: paura.
Contro la paura nessuno dei due ha potuto farci nulla. Nessun rimedio.
Tramite amici in comune ho saputo che ha sofferto molto e stavo per annegare nei sensi di colpa.
Ora eccola qui, che sorride a tutti, che scambia battute ironiche con le amiche, che si muove a tempo di musica, ma nello sguardo c’è un velo di malinconia. Non sono così egocentrico da pensare che sia ancora per la nostra storia, ma non sono neanche così disonesto da pensare che non lo sia.
“Che c’è??” si accorge che la sto fissando.
“Niente, niente, bel maglione.”
“Il maglione?” mi rimanda uno sguardo beffardo, come a dire:” Ma chi credi di prendere in giro?”
Basta! Voglio godermi la festa, evitare ricordi inopportuni, pensieri scomodi.
Mi affretto a prendere un altro bicchiere (col pensiero che le sue labbra si sono poggiate su quello dove stavo bevendo). E basta, Davide!
“Davide!”
Marco mi butta le braccia al collo, in uno dei suoi soliti slanci d’affetto.
Diciannove anni, una matricola. Diplomato nel miglior Liceo Classico di Roma, a pieni voti; è brillante, veloce, entusiasta, estroverso come pochi. Mi si è subito affezionato, vallo a capire…
Ho cinque anni più di lui, e, a quest’età, non sono pochi, ma ci siamo affiatati subito. Affinità elettive.
Tempo fa, in un’aula vuota, abbiamo avuto uno scambio di opinioni sul concetto di Assoluto in Hegel.
In quindici minuti mi ha fatto a pezzi. Questo ragazzo ha un avvenire, anche in un mondo avariato come il nostro.
Sinceramente non capisco cosa ci trovi in me…o forse si: anche lui è convinto che io abbia successo con le ragazze; il grande equivoco che gira sia in Facoltà che tra i miei amici.
Immagino che dall’esterno possa sembrare così. Filosofia pullula di ragazze e ragazzine e qualcuna mi viene dietro: solo una questione statistica.
Non hanno idea del grandissimo casino che determino con i rapporti; le incertezze, le paure, le scelleratezze, le bugie, l’assoluta mancanza di chiarezza, i miei frequenti sbalzi d’umore che, ovviamente, investono anche l’altra persona.