
Vertice a Washington. Fuori onda di Meloni a Trump: «Io non voglio mai parlare con la stampa italiana».
Non è una gaffe. È un programma politico.
Meloni non vuole domande, non vuole risposte, non vuole confronto. Vuole il monologo, il palcoscenico, l’applauso garantito.
È la vecchia malattia del potere autoritario: la paura della critica.
Il fascismo ci ha insegnato come funziona: si zittisce la stampa, si umilia chi indaga, si trasforma il giornalista in un nemico. Il risultato? Una democrazia svuotata, una società ridotta a coro.
Chi governa e rifiuta la stampa non rispetta i cittadini. Perché le domande dei giornalisti sono le domande della gente comune. Fuggire dal contraddittorio significa tradire il patto democratico.
Meloni non vuole parlare con la stampa italiana perché la conosce: sa che smonta la propaganda, che mostra le crepe, che le ricorda i suoi limiti.
E allora meglio scappare. Meglio il silenzio. Meglio Trump che un cronista con un microfono.
Ma la storia non perdona chi ha paura della verità.
E la democrazia non si costruisce con i fuori onda: si difende guardando negli occhi chi fa domande scomode.