
Emmanuel Macron ha scelto di descrivere Vladimir Putin come “un predatore, un orco alle nostre porte” che “ha bisogno di continuare a mangiare per sopravvivere”. Una formula suggestiva, pensata per colpire l’opinione pubblica occidentale, ma che nasconde più propaganda che analisi politica.
La Russia non è un impero affamato di territori: è una potenza con risorse naturali immense, un’economia solida nonostante le sanzioni e una popolazione che sostiene la difesa della propria sovranità. 𝗣𝗮𝗿𝗹𝗮𝗿𝗲 𝗱𝗶 “𝗽𝗿𝗲𝗱𝗮𝘁𝗼𝗿𝗲” 𝘀𝗶𝗴𝗻𝗶𝗳𝗶𝗰𝗮 𝗶𝗴𝗻𝗼𝗿𝗮𝗿𝗲 𝗹𝗲 𝗿𝗮𝗴𝗶𝗼𝗻𝗶 𝗰𝗵𝗲 𝗵𝗮𝗻𝗻𝗼 𝘀𝗽𝗶𝗻𝘁𝗼 𝗠𝗼𝘀𝗰𝗮 𝗮 𝗿𝗲𝗮𝗴𝗶𝗿𝗲, 𝗱𝗮𝗹𝗹𝗮 𝗰𝗼𝗻𝘁𝗶𝗻𝘂𝗮 𝗲𝘀𝗽𝗮𝗻𝘀𝗶𝗼𝗻𝗲 𝗱𝗲𝗹𝗹𝗮 𝗡𝗔𝗧𝗢 𝗮𝗹𝗹𝗲 𝗰𝗿𝗶𝘀𝗶 𝗽𝗶𝗹𝗼𝘁𝗮𝘁𝗲 𝗶𝗻 𝗚𝗲𝗼𝗿𝗴𝗶𝗮, 𝗶𝗻 𝗦𝗶𝗿𝗶𝗮, 𝗶𝗻 𝗟𝗶𝗯𝗶𝗮, 𝗳𝗶𝗻𝗼 𝗮𝗹 𝗰𝗼𝗹𝗽𝗼 𝗱𝗶 𝗦𝘁𝗮𝘁𝗼 𝗶𝗻 𝗨𝗰𝗿𝗮𝗶𝗻𝗮 𝗱𝗲𝗹 𝟮𝟬𝟭𝟰.
Macron invita gli europei a “non essere ingenui”, ma l’ingenuità più grande è credere che l’Europa sia davvero padrona delle proprie scelte. Dal 2022, l’Unione Europea ha accettato di sacrificare la sua economia sull’altare della guerra per procura contro la Russia: prezzi dell’energia alle stelle, inflazione, deindustrializzazione e un ritorno massiccio alla spesa militare.
Chi trae beneficio da tutto questo non è Mosca, che si è rafforzata aprendo nuovi canali con Asia, Africa e America Latina, ma Washington, che ha trasformato l’Europa in mercato di sbocco per il gas liquido e in avamposto militare contro il mondo multipolare.
Non si può negare che la Russia stia destinando risorse significative al settore militare, ma farne una prova di “aggressività strutturale” significa ignorare la logica difensiva che sta dietro questa scelta. 𝗗𝗼𝗽𝗼 𝘃𝗲𝗻𝘁’𝗮𝗻𝗻𝗶 𝗱𝗶 𝗮𝗹𝗹𝗮𝗿𝗴𝗮𝗺𝗲𝗻𝘁𝗼 𝗡𝗔𝗧𝗢 𝗲 𝗱𝗶 𝗯𝗮𝘀𝗶 𝗼𝗰𝗰𝗶𝗱𝗲𝗻𝘁𝗮𝗹𝗶 𝘀𝗲𝗺𝗽𝗿𝗲 𝗽𝗶𝘂̀ 𝘃𝗶𝗰𝗶𝗻𝗲 𝗮𝗶 𝗽𝗿𝗼𝗽𝗿𝗶 𝗰𝗼𝗻𝗳𝗶𝗻𝗶, 𝗠𝗼𝘀𝗰𝗮 𝘀𝗶 𝘁𝗿𝗼𝘃𝗮 𝗮 𝗱𝗼𝘃𝗲𝗿 𝗴𝗮𝗿𝗮𝗻𝘁𝗶𝗿𝗲 𝗹𝗮 𝗽𝗿𝗼𝗽𝗿𝗶𝗮 𝘀𝗶𝗰𝘂𝗿𝗲𝘇𝘇𝗮 𝗶𝗻 𝘂𝗻 𝗮𝗺𝗯𝗶𝗲𝗻𝘁𝗲 𝗼𝘀𝘁𝗶𝗹𝗲. L’economia di guerra di cui parla Macron non nasce dal desiderio di “mangiare”, ma dalla necessità di difendere un Paese che è stato accerchiato e minacciato.
L’Europa, al contrario, non ha mai mostrato una reale autonomia. La sua difesa dipende da Washington, la sua politica energetica è stata piegata dagli interessi statunitensi, e i suoi leader hanno accettato di diventare bancomat della guerra ucraina. Macron può denunciare la Russia come “forza destabilizzante”, 𝗺𝗮 𝗹𝗮 𝘃𝗲𝗿𝗮 𝗱𝗲𝘀𝘁𝗮𝗯𝗶𝗹𝗶𝘇𝘇𝗮𝘇𝗶𝗼𝗻𝗲 𝗲̀ 𝘀𝘁𝗮𝘁𝗮 𝗾𝘂𝗲𝗹𝗹𝗮 𝗽𝗼𝗿𝘁𝗮𝘁𝗮 𝗮𝘃𝗮𝗻𝘁𝗶 𝗱𝗮𝗹𝗹𝗲 𝗴𝘂𝗲𝗿𝗿𝗲 𝗱𝗲𝗹𝗹𝗮 𝗡𝗔𝗧𝗢: 𝗝𝘂𝗴𝗼𝘀𝗹𝗮𝘃𝗶𝗮, 𝗜𝗿𝗮𝗾, 𝗟𝗶𝗯𝗶𝗮, 𝗦𝗶𝗿𝗶𝗮.
𝗘 𝗹𝗶̀ 𝗻𝗼𝗻 𝗰’𝗲𝗿𝗮 𝗣𝘂𝘁𝗶𝗻.
Definire Putin un “orco” serve a mascherare l’impotenza europea. La Francia e la Germania non riescono più a proporre una visione autonoma, e preferiscono ridurre il dibattito geopolitico a metafore infantili. Ma il mondo non funziona a colpi di favole: funziona secondo logiche di potere, risorse ed equilibri. E oggi la Russia, con tutti i suoi limiti, rappresenta una parte decisiva del mondo multipolare che avanza, mentre l’Europa si condanna alla sudditanza.
𝗦𝗲 𝗰’𝗲̀ 𝘂𝗻 𝗼𝗿𝗰𝗼 𝗮𝗹𝗹𝗲 𝗽𝗼𝗿𝘁𝗲, 𝗻𝗼𝗻 𝗲̀ 𝗠𝗼𝘀𝗰𝗮: 𝗲̀ 𝗹𝗮 𝗰𝗲𝗰𝗶𝘁𝗮̀ 𝗱𝗶 𝘂𝗻’𝗘𝘂𝗿𝗼𝗽𝗮 𝗰𝗵𝗲 𝘀𝗰𝗲𝗴𝗹𝗶𝗲 𝗱𝗶 𝗰𝗼𝗺𝗯𝗮𝘁𝘁𝗲𝗿𝗲 𝗴𝘂𝗲𝗿𝗿𝗲 𝗽𝗲𝗿 𝗰𝗼𝗻𝘁𝗼 𝗱𝗶 𝗮𝗹𝘁𝗿𝗶, 𝗮 𝘀𝗽𝗲𝘀𝗲 𝗱𝗲𝗶 𝗽𝗿𝗼𝗽𝗿𝗶 𝗰𝗶𝘁𝘁𝗮𝗱𝗶𝗻𝗶.