
Due estati fa, furono narrate su grande schermo l’ascesa, le ambiguità, le ambizioni e l’iniziale incoscienza del novello Prometeo che creò l’arma più devastante mai concepita (con tutta la tensione nel qual caso l’invenzione non funzionasse o, peggio, annientasse il mondo), per poi dover convivere per il resto della vita col peso delle innumerevoli vittime causate dalla detonazione del suo ordigno (col quale ha dato un nuovo spaventoso volto alla Morte) e nell’aver contribuito (assieme alla propria nazione) ad alimentare le fiamme di conflitti futuri.
Assieme ai successivi tentativi del sistema, che dapprima lo ingaggiò e supportò, di escluderlo dal mondo scientifico ed infamarlo facendo leva su alcune sue passate simpatie verso i frangenti di sinistra e la sua opposizione verso un ulteriore impiego bellico della sua invenzione e lo sviluppo di altre armi similari.
Due anni fa, usciva l’Oppenheimer di Christopher Nolan.
Malgrado alcune edulcorazioni non di poco conto (come la riduzione del coinvolgimento e delle ricerche di Enrico Fermi e altri illustri scienziati europei, alcuni passaggi un po’ romanzati e altri un po’ più patriottici), una Storia che di rassicurante ha ben poco e dove non ci sono buoni o cattivi per i quali fare il tifo.
Specialmente quando di mezzo vi è la politica in tempi di guerre, crisi e cambiamenti: un non-luogo dove a prevalere sono gli interessi e i fini che giustificano i mezzi, in quanto “o noi o loro”. Non facendosi problemi a sfruttare ed incoraggiare soggetti ambiziosi per poi disfarsene o fargli terra bruciata quando non servono più o diventano scomodi.
E quando l’ordigno atomico viene fatto detonare, il tempo davvero sembra fermarsi e il Cinema stesso torna alle proprie radici di reazione chimica. Assieme alla bomba ad andare a fuoco è anche l’anima di Robert Oppenheimer e la m.d.p. non fa altro che guardare nell’occhio di questo ciclone imprimendone l’orrore su celluloide.
Il tutto narrato mediante flash-forwards avanti e indietro nel tempo che s’incastrano fra loro, dove le sequenze a colori sono date dal punto di vista dello stesso sfuggente e tormentato Oppenheimer (con tanto di immaginifiche scomposizioni degli atomi e destabilizzanti visioni premonitrici di Lynch-iana memoria) e quelle in b/n dal punto di vista antagonistico pervaso d’invidia di Strauss (un Robert Downey jr che torna a dimostrare finalmente la pasta attoriale di cui è fatto…prima di tornare al Mcu).
Un plauso, infine, anche alla colonna sonora enfatica ed onnipresente imbastita da Ludwig Goransson [The Mandalorian, Tenet, Sinners, Creed, Black Panther] che non solo si fa collante con le immagini ma diviene un’entità a sé che ne commenta l’andamento emotivo e ci si modula. Mentre il sound-design aumenta il coinvolgimento rendendo i rumori di sottofondo avvolgenti se non addirittura asfissianti.