
Leggere non significa pensare. Può aiutare, ma sono due azioni diverse, sia da un punto di vista cognitivo che neurologico. Anche leggere non significa comprendere. Sembra che “leggere” sia un atto sempre positivo, che faccia bene a prescindere. In realtà senza metodo, senza basi, senza sapere come collocare un autore, una corrente di pensiero si corre il rischio di leggere con filtri deformati. Buona parte delle persone legge per trovare conferme a ciò che già sa. Un po’ il principio del ritornello nella musica. Piace ciò che è facilmente ricordabile, principio del riconoscimento. Ciò che non ri-conosciamo disturba, turba, inquieta. Non tutte le letture sono uguali. Leggere Hegel non è come leggere un romanzo rosa. Gli strumenti da possedere sono diversi. Una persona colta può benissimo non pensare mai e sposare un nozionismo ricorsivo. Pensare significa mettere in connessione idee, spunti, saperi diversi tra loro, significa padroneggiare le idee e darne di conto, almeno a sé stessi. In altre parole, pensare significa creare qualcosa di nuovo (anche se è già stato pensato). Avere ‘cultura’ sicuramente fornisce una buona base alla cogitazione, ma è anche vero che il pensiero vola piuttosto liberamente e le intuizioni migliori vengono quando si lascia libera la mente dai paradigmi, ma questi paradigmi vanno conosciuti e la scuola dell’obbligo non basta, ma sarebbe già un buon punto di partenza se non ci fosse un terribile, schiacciante, virale analfabetismo di ritorno.