
Hulk giunse nelle sale italiane di 22 anni fa un cinecomic tanto curioso quanto controverso che però seppe prendersi i suoi rischi e ce la mise tutta: “HULK” di Ang Lee.
Ai tempi bistrattato per la natura meno trendy ed action-packed dell’omoragnolo e dei 2 sugli X-Men, per le molte libertà prese rispetto alla lore del personaggio, l’uso dissonante degli split-screen <da intendersi col senno di poi come un modo per rendere la visione cinematografica un fumetto in movimento con tanto di vignette> assieme ad una motion-capture e dei vfx ancora acerbi <e forse non invecchiati benissimo col tempo>.
Eppure, malgrado ciò e alla luce dei molteplici alti e bassi del MCU e per le derive discutibili apportate al Gigantone di Giada dopo “Age of Ultron”, questa pellicola a distanza di anni ha ancora diverse buone frecce al suo arco.
Dalla cupezza data dai personaggi, da quel che compiono e che subiscono, piuttosto che dalle atmosfere e la patinatura; dalla regia solida e sperimentale dello stesso Lee che si prestò addirittura alla ‘mo-cap’ per dar vita all’ipertrofico protagonista; un’adrenalinica parte centrale con inseguimenti e uno scontro finale catartico; le musiche evocative di Danny Elfman con tanto di Velvet Revolver sui titoli di coda; la ricerca della propria umanità, di una propria identità e la necessità di prendere le distanze dalle colpe dei padri (tanto per il protagonista che per la sua amata); così come la resa del tormento, della solitudine e della furia primordiale del personaggio.
Per finire con il valido apporto del cast: da un Eric Bana sì in parte ma che a carisma ed incisività si fa rubare la scena dalla sempre brava e intensa Jennifer Connelly (che già da sola vale la presa visione) e dalle complessità paterne date da Sam Elliot e Nick Nolte.