
Tutti la ricordano come l’auto di “Ritorno al Futuro”, con le portiere ad ali di gabbiano, la carrozzeria in acciaio inox e una linea firmata dal genio di Giorgio Giugiaro.
Ma dietro quell’icona pop c’è una storia molto meno brillante, fatta di ambizione smisurata, errori industriali, scandali e fallimenti.
Quando John DeLorean, brillante e arrogante manager di General Motors, decide di mettersi in proprio, il suo sogno è costruire un’auto sportiva futuristica, diversa dalla solita produzione americana.
John ha un progetto ambizioso, vuole rompere la monotonia della produzione americana, fatta di familiari, pick-up e berline lunghe e stanche.
È così che nasce la DMC-12, una coupé che vuole scatenare una rivoluzione nel mercato; peccato che la realtà non sia all’altezza di queste aspettative e lo si capisce subito.
Il motore è fiacco, le prestazioni deludenti, l’affidabilità discutibile; gli unici aspetti che piacciono ai clienti sono le portiere scenografiche e la linea mozzafiato.
La produzione parte in Irlanda del Nord, tra mille difficoltà logistiche e costi fuori controllo, ma all’uscita le vendite non decollano e i conti si fanno drammatici.
A peggiorare la situazione arriva la notizia dell’arresto di DeLorean, in un’operazione sotto copertura dell’FBI, lo scandalo ha un’eco enorme che travolge l’azienda e anche se alla fine verrà assolto, il danno d’immagine è irreparabile.
La DMC chiude i battenti nel 1983, con poco più di 9.000 auto prodotte; ma ironia della sorte, sarà proprio il disastro commerciale a darle l’immortalità cinematografica.
Secondo diverse fonti, infatti, la macchina fu scelta proprio perché l’azienda era già in fase di chiusura.
Ciò comportava notevoli vantaggi, significava niente costi di licenza, nessuna interferenza su come l’auto veniva rappresentata e scongiurava anche la gelosia degli altri marchi, il tutto con un’auto riconoscibile e futuristica al punto giusto.
In altre parole, la DMC-12 passa alla storia grazie alle sue disgrazie e a una sceneggiatura azzeccata, trasformando un fallimento industriale in un’icona anni ’80.