
la domanda che possiamo farci a questo punto è: dal momento che sopravvivono alla morte del corpo, quante di queste nebulose quantistiche individuali ci circondano?
questa semplice affermazione rende evidente quanto sia profondo e insondabile il mistero dell’anima. è possibile che siano proprio queste nebulose a formare quella nebulosa ancora più grande che jung chiamò inconscio collettivo? nei fatti, jung ipotizzava proprio questo, cioè che l’inconscio collettivo contenesse l’esperienza di tutta l’umanità vissuta in precedenza.
questa osservazione ci rende più familiare il concetto di inconscio collettivo, lo fa uscire da una certa grigia e anonima uniformità e lo riveste con quanto c’è di più prezioso, cioè la memoria non solo delle persone vissute mille anni fa ma anche di quelle più care che abbiamo conosciuto nella nostra vita anche in tempi recentissimi.
e infine, un’ ipotesi piuttosto inquietante: se realmente le anime dei defunti fossero l’aggregazione di tutte le fluttuazioni quantistiche della loro vita, e perciò fossero informazione, non sarebbe possibile per la tecnologia, in un futuro che non sappiamo quanto essere vicino o lontano, intercettare e decodificare questa informazione? e non sarebbe possibile, per i misteriosi meccanismi insiti nella mente umana, che persone particolarmente sensibili riuscissero a dialogare con loro già oggi?