
Ecco cosa siamo diventati. Basta guardare la sfilata grottesca degli “idoli” del momento: Chiara Ferragni, Giulia De Lellis, Elisa Esposito – sì, proprio quella che ha reso “epocale” l’arte di biascicare in corsivo –, Michelle Comi e Khaby Lame. Eccoli qua, gli oracoli del nulla, i nuovi “miti” che brillano come lampadine bruciate davanti agli occhi delle nuove generazioni.
E il colpo finale? Il veleno assoluto? Che qualcuno abbia perfino l’ardire di presentarli come “modelli di successo e valore”. Valore, capite? Come se il valore fosse quantificabile in views, like e sponsorizzazioni di acqua zuccherata venduta come pozione magica.
Lasciatemelo urlare: ragazzi, non fatevi anestetizzare il cervello da questo vuoto pneumatico travestito da oro. Non fatevi svendere l’anima in cambio di follower. Perché questa gente non insegna nulla, se non l’arte del farsi pubblicità respirando.
Io almeno ho avuto miti veri, non manichini: Dostoevskij, Tolstoj, Puskin, Gogol. Socrate che insegnava a pensare, Steinbeck che raccontava l’umanità, Poe che sapeva trasformare l’incubo in arte, Virginia Woolf che squarciava l’ipocrisia a colpi di parola. E in sottofondo le voci di De André, Guccini, Battisti, Cocciante – non filtri di Instagram, ma poesie, coraggio, carne viva.
Vi dico una cosa semplice: scegliete bene a chi regalate la vostra attenzione. Perché ciò che ascoltate oggi vi costruisce dentro. E ricordate: essere “follower” non è innocuo, significa letteralmente farsi gregge.
Leggere non è seguire. Discutere un autore, persino litigarci dentro, forgia il pensiero critico. Idolatrare un influencer, invece, lo disintegra. E allora, piuttosto che essere un follower, abbiate l’orgoglio di essere “egregi”: fuori dal gregge, con un cervello acceso e non in affitto.
Siate lettori. Siate pensatori. Ma mai, mai, mai, burattini nelle mani di chi non ha nulla da dire.