
Quando Ridley Scott si accinse a creare Blade Runner, non stava semplicemente girando un film di fantascienza: stava inseguendo una visione, un incubo del futuro che lo perseguitava. L’ispirazione gli venne dalla lettura del romanzo di Philip K. Dick “Gli androidi sognano pecore elettriche?”. Ma Scott non voleva un semplice adattamento; voleva trasformarlo in una profezia cinematografica. “Volevo fare un film sulla morte delle città, sulla solitudine delle folle”, dichiarò in seguito Scott.
Il mondo che immaginava non era solo futuristico: era soffocante, umido, inondato di neon e pieno di decadenza. I ricordi di Scott dell’Inghilterra industriale settentrionale – il fumo, la pioggerellina costante, la sensazione che la città stessa fosse viva – divennero la spina dorsale di Los Angeles 2019. Lo definì “noir urbano del futuro”.
Eppure, la produzione fu caotica. Il cast e la troupe si scontrarono spesso con il perfezionismo di Scott. Harrison Ford, che interpretava Rick Deckard, si sentì sempre più frustrato dalle infinite riprese e dallo stile di regia freddo di Scott. La troupe arrivò persino a stampare delle magliette che lo prendevano in giro, con la scritta: “Sì, Guv’nor, il mio culo!”. Ma Scott rimase irremovibile. “Mi ringrazierete più tardi”, avvertì.
E poi arrivò Philip K. Dick in persona. Inizialmente scettico, credeva che Hollywood avrebbe massacrato il suo libro. Ma quando vide le prime riprese, Dick rimase sbalordito: “Era il mio mondo interiore. L’hanno catturato: l’opera della mia vita, viva sullo schermo”. Tragicamente, Dick morì pochi mesi prima dell’uscita del film. Non vide mai il fenomeno di culto che Blade Runner sarebbe diventato.
Ancora più inquietante, alcune delle previsioni distopiche – schermi pubblicitari, dominio delle multinazionali, pessimismo climatico – sembrano spaventosamente reali oggi. Era come se Scott e Dick avessero intravisto il futuro.
Quando uscì per la prima volta nel 1982, il pubblico rimase sconcertato, la critica divisa. Eppure, come i replicanti stessi, il film si rifiutò di morire. Attraverso molteplici tagli, riscoperte e infiniti dibattiti, Blade Runner si trasformò in una leggenda.
Ridley Scott una volta disse: “Non è fantascienza, parla di cosa significa essere umani”. Ed è questo il vero cuore di Blade Runner: non macchine, non neon, ma l’inquietante domanda: cosa ci rende reali?