
1187 – LA CADUTA DI GERUSALEMME
Il 2 Ottobre, giorno dei Santi Angeli Custodi, si ricorda la presa di Gerusalemme, nel 1187, da parte del sultano d’Egitto, di Siria e di Hijaz Salàh al-Dìn Yusuf ibn Ayyùb ibn Shàdì ibn Marwàn, meglio conosciuto dai cristiani col nome di Saladino (1138-1193).
I. LO SCENARIO
Erano anni che Saladino aveva attuato una graduale riconquista di piazzeforti minori. La sua opera — avviata dopo un lungo conflitto interno al mondo musulmano, che era riuscito infine a unire sotto di sé — aveva subìto una brusca battuta d’arresto nel 1177, quando il suo esercito di circa 25.000 uomini era stato annientato nella battaglia di Montgisard da una forza di circa di 5.000 uomini condotta dal re di Gerusalemme Baldovino IV il Lebbroso (1161-1185) e dal principe di Antiochia Rinaldo di Châtillon (1125-1187). Otto anni più tardi, alla morte del Re Lebbroso, il controllo del regno era stato assunto dal suo l’ambizioso ma incompetente cognato, Guido di Lusignano (1150-1194). Egli aveva sposato la sorella del re, Sibilla (1160-1190), e aveva assunto la reggenza per il figlio di primo letto della moglie, il piccolo Baldovino V (1177-1186). Un anno più tardi, morto il giovane re, gli erano succeduti proprio Guido e Sibilla.
II. LA BATTAGLIA DI HATTIN
In questo periodo, Saladino aveva ripreso a minacciare o conquistare gli avamposti cristiani e il re di Gerusalemme aveva deciso di affrontarlo con tutte le proprie forze, mettendosi in marcia verso Tiberiade, assediata dai Mori, contro il parere dei suoi stessi consiglieri.
Il 4 Luglio del 1187 si era svolta la terribile battaglia dei Corni di Hattin, nella quale il sultano aveva catturato sul campo Guido di Lusignano, annientando l’esercito cristiano. Re Guido si era lasciato attirare con tutte le forze in una trappola in mezzo al deserto, dalla quale avevano trovato scampo solo la cavalleria del conte Raimondo III di Tripoli (1140-1187), che aveva forzato l’accerchiamento con una coraggiosa carica, e la retroguardia condotta da Baliano di Ibelin (1140-1193), signore di Ramla e Nablus, che — comprendendo come tutto fosse ormai perduto — aveva portato in salvo i propri uomini alla volta di Gerusalemme.
III. L’ASSEDIO
Dopo la vittoria di Hattin, Saladino aveva in breve tempo conquistato Acri, Nablus, Jaffa, Toron, Sidone, Beirut e Ascalona.
Presso Gerusalemme erano giunti rifugiati cristiani da tutto il regno.
Rientratovi con la retroguardia condotta in salvo da Hattin, Baliano di Ibelin era il nobile più alto in grado e quindi la regina Sibilla e il patriarca di Gerusalemme, Eraclio di Cesarea (1138-1190/1191), gli avevano affidato il comando della difesa.
In città era presente solo un pugno di cavalieri ed egli ne aveva allora creati altri 60 scelti tra la gente comune.
Rimasto con forze esigue a tentare l’ultima strenua difesa, Baliano disponeva di una forza imprecisata, stimata tra i 4.000 e i 6.000 armati. L’esercito di Saladino contava invece su 60.000 uomini, ma è possibile che solo un terzo di essi fosse stato impegnato a Gerusalemme.
L’assedio era iniziato il 20 Settembre, con un pesante dispiegamento di forze concentrato dinanzi alla Porta di Damasco e alla Torre di Davide, ma l’intenso bombardamento realizzato con pesanti armi d’assedio, il tiro di frecce e l’assalto con torri mobili non avevano portato a risultati concreti.
Il 26 Settembre, Saladino aveva spostato il proprio accampamento a ridosso del Monte degli Ulivi, dove non c’erano porte fortificate da cui gli assediati potessero contrattaccare. Le mura erano state costantemente bombardate con il getto di catapulte, mangani, trabucchi, baliste e una parte di esse era stato minato. Il 29 Settembre, il crollo di una porzione di mura aveva creato una pericolosa breccia, presso la quale si era scatenata una mischia furibonda: gli assedianti non erano riusciti a penetrare in città, ma i difensori si erano ridotti allo stremo.
IV. LA RESA
In questa situazione, Baliano aveva avviato una trattativa con Saladino, offrendo la resa della Città Santa, in cambio della salvezza di tutti i cristiani. Il sultano accettò che essi potessero essere riscattati mediante il pagamento di una somma: chiese un pagamento di venti bisanti per ogni uomo, dieci per ogni donna e cinque per ogni bambino, ma chi non avesse pagato sarebbe diventato schiavo. Baliano sapeva che molti cittadini non avevano quei soldi e che la città straripava di rifugiati arrivati da ogni parte del regno, sicché trattò il pagamento dei 30.000 bisanti presenti nel tesoro reale per riscattare i settemila cittadini più poveri e pagò di tasca propria il riscatto di altri mille; il fratello di Saladino, Al Adil (1145-1218), mosso a pietà chiese al sultano la liberazione di altri mille prigionieri come pagamento dei propri servigi e lo stesso Saladino acconsentì a liberarne altri seimila. Quindicimila persone ottennero così la libertà senza dover pagare di tasca propria, cosa che dovettero invece fare in cinquemila.
Ai cristiani nativi di Gerusalemme fu consentito di rimanervi pacificamente e la Basilica del Santo Sepolcro fu lasciata in mani cristiane; i cristiani immigrati a Gerusalemme come crociati dovettero invece abbandonare la città.
Così, la Città Santa capitolò dopo ottantotto anni di regno cristiano. Se allora la presa di Gerusalemme da parte dei crociati s’era risolta in un bagno di sangue, — ma non stupisca, perché era stata espugnata senza resa da parte degli assediati — quel giorno l’ingresso dell’armata di Saladino avvenne senza alcuna violenza.
V. LE CONSEGUENZE
Secondo la tradizione, la notizia della caduta di Gerusalemme sarebbe giunta a Ferrara, ove si trovava il pontefice, in capo a diciotto giorni, come ottantotto anni prima era giunta a Roma in quattordici giorni. Se nel 1099 papa Urbano II, al secolo Oddone di Lagéry (1040-1099), si era spento serenamente, ricevendo la lieta notizia della conquista, nel 1187 papa Urbano III, al secolo Uberto Crivelli (1120-1187), che fatalmente aveva scelto il medesimo nome pontificale, avrebbe avuto un malore e sarebbe morto di crepacuore.
È tuttavia probabile, piuttosto, un collegamento tra la sua morte e i fatti di Verona, da cui pochi giorni addietro era stato scacciato malamente, subendo anche un’aggressione fisica da parte del camerlengo.
In ogni caso, il suo successore, papa Gregorio VIII, al secolo Alberto di Morra (1100-1187), eletto il giorno dopo la sua morte, il 21 Ottobre, avrebbe emesso il 29 Ottobre la bolla “Audita tremendi”, con lo scopo di organizzare immediatamente una crociata per riconquistare la Città Santa. Tuttavia, anch’egli sarebbe mancato in capo a due mesi.
VI. LA TERZA CROCIATA
L’organizzazione della Terza Crociata (1189-1192) sarebbe quindi spettata a papa Clemente III, al secolo Paolo Scolari (1124-1191), eletto nel Dicembre di quello stesso anno. Egli avrebbe dovuto tuttavia pacificare Francia e Inghilterra, in lotta tra loro, e convincere all’adesione l’imperatore Federico Barbarossa (1122-1190), ancora in contesa con il Papato per i beni matildini. Il grande sforzo diplomatico del pontefice avrebbe infine consentito la partenza della spedizione crociata, tuttavia tardiva, rispetto all’urgenza di intervenire in Terra Santa prima che Saladino potesse efficacemente riorganizzare le terre conquistate.
Compromessa dall’accidentale decesso del Barbarossa, morto in Cilicia guadando il fiume Saleph, e dalle gravi perdite subite dai crociati tedeschi nel corso del passaggio dell’Anatolia, la crociata sarebbe poi fallita, dopo la riconquista di Acri (1191), per le liti occorse tra il re d’Inghilterra Riccardo Cuordileone (1157-1199), il re di Francia Filippo II Augusto (1165-1223) e il duca d’Austria Leopoldo V il Virtuoso (1157-1194).
VII. LA PACE TRA SALADINO E RICCARDO
Rimasto solo a combattere Saladino e dopo averlo sconfitto ad Arsuf (1191), il Cuordileone avrebbe siglato con lui un accordo, il 21 Settembre del 1192, in base al quale i pellegrini cristiani disarmati avrebbero potuto raggiungere Gerusalemme, tuttavia rimasta sotto il controllo musulmano.
Il sovrano inglese, pur avendo premura di rientrare nei propri possedimenti, da cui gli sarebbero giunte notizie di spoliazioni da parte di Filippo II in Francia e malversazioni da parte del fratello Giovanni Senzaterra (1160-1216) in Inghilterra, avrebbe voluto tornare in Terra Santa il prima possibile, ma sarebbe stato fatalmente attardato dalla cattura subita per mano di Leopoldo d’Austria e, dopo la liberazione, dalla guerra in Francia. Ironia della sorte, Saladino sarebbe morto pochi mesi dopo la partenza di Riccardo, ma il Papato avrebbe faticato moltissimo, prima di riuscire a organizzare efficacemente una nuova crociata.
VIII. LE FONTI PRIMARIE
Le principali fonti primarie su queste vicende sono, per parte musulmana gli “Aneddoti sultanici e virtù di Yūsuf” (in arabo “al-Nawādir al-Sultaniyya wa’l-Maḥāsin al-Yūsufiyya”) del cronista curdo Bahāʾ al-Dīn Abū al-Maḥāsin Yūsuf ibn Rāfiʿ ibn Tamīm, noto tra I musulmani come ibn Šaddād, ma tra i cristiani come Boadino (1145-1234), mentre, per parte cristiana, la “Historia rerum in partibus transmarinis gestarum” dell’arcivescovo Guglielmo di Tiro (1130-1186) per gli antefatti, ma poi dal suo continuatore, forse Goffredo di Vinsauf (†1200?), nel suo “Itinerarium Regis Ricardi”, e altresì dalle “Gesta Regis Henrici Secundi et Gesta Regis Ricardi” di Ruggero di Hoveden (1174-1201), la “Historia de expeditione Federici” di un certo Ansberto. Un diverso punto di vista è fornito dalla “Narrazione cronologica” (in greco Χρονική Διήγησις), di Niceta Coniate (1155-1217), ma si segnalano anche opere successive come la “Historia Hierosolimitana” di Jacques de Vitry (1160/1170-1240) e i “Flores Historiarum” di Ruggero di Wendover (†1236).
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