
Il tramonto dell’Unione Europea (ovvero: quando anche i bidet e le rose diventano sovversivi)
di @Rolando Dubini
Dal “mercato comune” al “mercato delle sanzioni”: storia tragicomica di un continente che, per punire la Russia, ha deciso di vietarle i bidet, i puzzle, le rose e le bambole.
C’era un tempo — e non è passato poi molto — in cui l’Europa sognava di unire i popoli, non di sanzionare i lavandini. Oggi, invece, il diciannovesimo pacchetto di sanzioni contro la Russia vieta l’esportazione di bidet, rose, monopattini e perfino puzzle. Sembra uno scherzo, ma è la burocrazia europea: una macchina così complicata che, se decidesse di invadere la Russia, lo farebbe con un esercito di compilatori di Excel.
È il destino di ogni impero in declino: da Roma che tassava il sale a Bruxelles che vieta i giocattoli motorizzati. Là dove una volta si parlava di raison d’état, oggi regna la ragion d’assurdo. La guerra economica, come tutte le guerre perse in partenza, produce solo grottesco: un continente che si dichiara difensore della libertà, ma teme la circolazione di azalee e tricicli.
Oggi la forza è sostituita dalla carta bollata, e gli imperatori si chiamano Commissari europei. Ma il principio è lo stesso: la forma senza sostanza, il potere che si misura a colpi di regolamenti invece che di idee.
Così l’Europa, nata per essere un sogno di pace, rischia di diventare una caricatura di sé stessa: un grande mercato senza anima, dove anche il bidet è un’arma di distruzione di massa.
E come ogni tragedia burocratica che si rispetti, si chiude con un paradosso: mentre vietiamo i puzzle alla Russia, nessuno si accorge che il vero puzzle — quello dell’identità europea — non lo sa più ricomporre nessuno.
Post Scriptum
Un giorno, forse, qualche studente di storia contemporanea — o di archeologia delle istituzioni defunte — troverà in un archivio digitale la delibera con cui l’Unione Europea decise di vietare la vendita di bidet alla Russia. E, come noi oggi davanti agli editti dei re merovingi o ai proclami dei papi contro le comete, proverà la stessa incredulità divertita.
Si chiederà come una civiltà che aveva inventato la Carta dei Diritti Fondamentali, e si vantava di “difendere i valori”, fosse finita a combattere un nemico immaginario a colpi di divieti floreali e di tricicli sotto embargo. E scoprirà che non fu odio, ma paura: paura di ammettere che il proprio potere era già svanito, paura del silenzio dopo il crepuscolo.
Così, nel tramonto dell’Unione Europea, si compì il destino comune a tutti gli imperi morenti: quello di confondere la burocrazia con la gloria. Roma aveva i senatori che discutevano mentre i barbari erano alle porte; Bruxelles ha le commissioni che votano contro i bidet.
Il futuro, come sempre, riderà — con una risata dolceamara. Perché i popoli, a differenza delle istituzioni, sopravvivono anche alle proprie caricature.