
María Corina Machado è la vincitrice del Premio Nobel per la Pace 2025. Qualcuno avrà, forse, tirato un sospiro di sollievo nel sapere che il tanto ambito premio non è finito nelle mani di Donald Trump. Più di una persona, anche in buona fede, si sarà sentita rincuorata che il premio sia andato ad una donna che combatte per la libertà del proprio popolo. O almeno questo è quel che ci vuol far credere il potere mediatico internazionale. Perché a ben vedere la realtà ci dice che la Machado è tutto fuorché una donna del popolo.
L’aver assegnato il Premio Nobel alla Machado è probabilmente il tentativo tutto occidentale di dare un volto “democratico” a chi prepara la restaurazione neoliberale in Venezuela.
Machado, infatti, non è una figura nuova della politica nazionale venezuelana. È l’erede diretta delle vecchie élite economiche, la voce della borghesia di Caracas che negli anni ‘90 governava per pochi e lasciava il popolo nella miseria. Da sempre vicina a Washington, ha co-fondato l’ONG Súmate, finanziata dal National Endowment for Democracy, uno degli strumenti con cui gli Stati Uniti finanziano opposizioni “amiche” nei paesi che non si piegano. È la stessa che nel 2002 appoggiò il colpo di Stato contro Chávez, quando l’esercito e i grandi imprenditori tentarono di cancellare con la forza il voto popolare. La stessa che due anni dopo guidò una petizione per il referendum venezuelano del 2004 sulla revoca di Chávez.
Eppure oggi Machado viene presentata come paladina della democrazia e della libertà, ma in realtà rappresenta l’asse di potere che vuole rimettere le mani sulle immense risorse naturali del Venezuela. Petrolio innanzitutto. Machado, non a caso, è sostenuta apertamente dal Congresso americano e dai senatori repubblicani che da anni chiedono sanzioni sempre più dure contro Caracas. Il nuovo Premio Nobel per la Pace è, insomma, la candidata perfetta per chi sogna un Venezuela sottomesso agli interessi delle multinazionali e dei mercati occidentali.
Non è un caso, infatti, che nelle stesse ore in cui Machado sorride davanti alle telecamere per il Premio Nobel, il potere politico, economico e mediatico sta già costruendo la narrazione utile a preparare il terreno ad un possibile nuovo “assalto” al Venezuela chavista: la lotta al narcotraffico. Un copione visto e rivisto ma che spesso e volentieri ha funzionato. È lo stesso copione che abbiamo visto in Colombia, in Messico, in Afghanistan: si costruisce il mito del regime-narco, si moltiplicano i rapporti di agenzie americane, si comincia a parlare di stato criminale, di governo incapace di mettere un freno al dilagare del narcotraffico, creando, così, un pretesto morale per giustificare tutto dinanzi l’opinione pubblica. Sanzioni, blocchi economici, interventi militari o “missioni umanitarie”. Tutto giustificato dalla lotta al narcotraffico.
E’ così che si muove la solita macchina del potere. Gli stessi governi che tacciono – o peggio ancora sono complici – del genocidio in corso a Gaza esaltano Machado come simbolo di libertà. Ma la sua lotta non è quella del popolo venezuelano che subisce inflazione, carenza di medicine e povertà a causa delle sanzioni e dell’embargo: è la lotta per restituire ai padroni di sempre il controllo sul petrolio e sull’economia venezuelana. E il Nobel, in questo quadro, serve solo a legittimare una futura escalation sia essa politica, economica o addirittura militare contro un paese che osa resistere. Perché è di questo che stiamo parlando, è questa la colpa del Venezuela prima di Chávez e ora di Maduro: provare realmente ad essere un paese libero. E per chi detiene il potere, questo resta il più grande dei crimini.
Il Nobel a Machado è, quindi, un’arma ideologica. Una medaglia di facciata per preparare l’opinione pubblica a future ingerenze. È così che oggi si costruiscono le guerre: prima con i premi, poi con i blocchi, infine con le bombe. Ma il popolo venezuelano ha già dimostrato di saper resistere.
E la solidarietà dei popoli del mondo, quella vera, dal basso, starà sempre dalla parte di chi difende la propria terra, la propria libertà e la propria dignità contro ogni forma di imperialismo.