
A Sparta, raccontano gli antichi, i bambini deboli o imperfetti venivano abbandonati sul monte Taigeto. Non per crudeltà cieca, ma perché si credeva che solo i forti meritassero di vivere. La società spartana non lasciava spazio al dubbio: chi non poteva combattere, non aveva posto. Così, nel nome dell’efficienza e della forza, venivano eliminate vite che avrebbero potuto arricchire il mondo in modi diversi.
Perché non tutti nascono per la guerra. Alcuni nascono per pensare, per creare, per inventare. Alcuni nascono con una forza che non si misura nei muscoli o nelle armi, ma nel coraggio di guardare oltre, nel talento di immaginare ciò che ancora non esiste. Ma a Sparta non c’era posto per chi era fragile, per chi pensava diversamente, per chi sentiva troppo.
In questo modo, senza nemmeno rendersene conto, si sono perdute possibilità infinite. Si sono spenti sogni mai nati, idee mai pensate, futuri mai costruiti. La perfezione della forza ha avuto come prezzo la rinuncia a tutto ciò che non poteva essere addestrato o controllato.
La storia di Sparta è un monito: ogni volta che una società elimina, emargina o ignora chi è fragile o diverso, sacrifica anche tutte le possibilità di crescita, cambiamento e bellezza che da quella fragilità potevano nascere.