
“Sotto l’influsso della razionalità tecnologica, la sessualità viene integrata in sempre più elevata misura nelle relazioni sociali, e perciò diventa essa stessa suscettibile di controllo.”
“L’uomo a una dimensione” (1964) rappresenta il culmine della critica sociale di Herbert Marcuse, un’opera che ha saputo catturare l’essenza della condizione umana nell’era del capitalismo avanzato. Pubblicato in un periodo di crescente benessere materiale nelle società occidentali, il testo svela il paradosso di una prosperità che, anziché liberare l’individuo, finisce per imprigionarlo in nuove forme di controllo sociale.
Marcuse identifica la “razionalità tecnologica” come il nuovo principio organizzativo della società, una forza che penetra in ogni ambito dell’esistenza umana, dalla produzione industriale alla vita quotidiana, dalla politica alla sessualità. Il sistema tecnologico-economico, secondo l’autore, non si limita a produrre beni materiali, ma genera anche “falsi bisogni” che integrano l’individuo nel ciclo di produzione e consumo, neutralizzando il potenziale di critica e opposizione.
La citazione sulla sessualità evidenzia uno dei temi centrali dell’opera: persino le dimensioni più intime dell’esperienza umana vengono assorbite dalla logica del sistema dominante. Nella società a una dimensione, la sessualità perde il suo potenziale liberatorio (tema già esplorato in “Eros e civiltà”) per diventare un’altra forma di consumo e un ulteriore strumento di controllo sociale.
Particolarmente incisiva è l’analisi del linguaggio nella società contemporanea. Marcuse descrive un “universo del discorso chiuso” in cui le parole perdono la loro carica critica, dove concetti potenzialmente sovversivi vengono integrati in slogan pubblicitari e dove il pensiero dialettico viene sostituito da un razionalismo operativo che identifica la realtà con la sua funzione nel sistema esistente.
Il vero trionfo della società a una dimensione, sostiene Marcuse, non è la repressione esplicita del dissenso, ma la sua neutralizzazione attraverso l’integrazione. Mentre il sistema materiale produce abbondanza (almeno per alcuni), il pensiero critico viene gradualmente svuotato del suo potenziale trasformativo, rendendo sempre più difficile immaginare alternative radicali all’ordine esistente.
Se l’analisi di Marcuse appare spesso pessimistica, l’opera non rinuncia completamente alla speranza. Gli “emarginati”, coloro che restano ai margini della società affluente, insieme all’arte autentica che preserva la dimensione negativa del pensiero, rappresentano potenziali fonti di contestazione.
A più di mezzo secolo dalla sua pubblicazione, “L’uomo a una dimensione” conserva una straordinaria attualità. Nell’era dei social media, dell’intelligenza artificiale e del capitalismo della sorveglianza, la diagnosi di Marcuse sulla capacità dei sistemi tecnologici di generare conformismo e controllare il dissenso appare quasi profetica, rendendo quest’opera un testo fondamentale per comprendere le contraddizioni del nostro presente.