
Breve storia tragicomica.
Daniela Santanchè e il ministero del Turismo trovano su The Telegraph la storia perfetta: una famiglia inglese che dice di essersi trasferita in Italia per “una vita migliore”.
Ed è subito giubilo: “L’inconfondibile stile italiano vince ancora. Qui si vive meglio e lo riconoscono anche gli inglesi”, twitta la ministra.
Il ministero rilancia entusiasta, sito e social unificati, neanche fosse la vittoria ai mondiali.
C’è però un piccolo dettaglio. Minuscolo.
Un segnale, diciamo.
Il titolo che hanno rilanciato nella card recita così: “I moved to Italy for a better”.
“Better” cosa? Una frase troncata, che qualsiasi persona, anche solo mediamente sveglia, avrebbe trovato sospetta.
Tipo: forse c’era un’altra metà di frase e un’altra metà dell’articolo?
E infatti c’era.
La seconda parte, quella che non hanno letto o che non hanno voluto leggere, dice: “Mi sono trasferita in Italia per una vita migliore. Dopo 6 mesi, ecco perché mi arrendo”.
La famiglia racconta che sì, i paesaggi sono bellissimi, il cibo è buonissimo, i pomdori sono “paffuti”, ma il resto è tragico: la burocrazia, scrivono, “metterebbe alla prova la pazienza di un santo”.
E ancora, “non ci sono molte opportunità per i giovani che escono dalla scuola secondaria”. E poi prenotare una visita medica è come tentare di entrare al CERN e il bambino si è fatto due ore di catechismo a settimana a causa del cattolicesimo.
Risultato: rifanno le valigie e salutano tutti.
Quando la cosa viene scoperta, Santanchè cancella tutto in fretta e furia da suoi social
Puff, come se non fosse mai esistito.
Peccato che sul sito del ministero l’articolo sia ancora lì. Monco, tagliato, con la sola metà “che piaceva”.
Fine della storia. Soprattutto comica, se non fosse tragica.