
La tangenziale è ormai alle nostre spalle; la strada che percorriamo è costellata di ragazzi che vendono sigarette di contrabbando. Anna mi chiede di controllare il foglietto dove si è appuntata le indicazioni per raggiungere Villa Valeria, dove abbiamo (ho) appuntamento con il neurologo.
Dopo un paio di indicazioni fuorvianti, forniteci dagli indigeni, raggiungiamo la zona; ci infiliamo in un vicolo largo 50 cm più della macchina; sporgendosi dal finestrino, Anna chiede della Villa ad una signora seduta davanti ad un negozio;
la tipa esibisce un repertorio di smorfie da far impallidire Jerry Lewis, poi:
– Mai sentita, signo’! –
Dopo neanche dieci metri ci troviamo di fronte alla clinica, la scritta “Villa Valeria” è di dimensioni impressionanti.
Suoniamo al citofono.
– Ma avete un appuntamento? – la voce femminile ha un tono ostile.
– Si, con il Dottor Russo. –
– Dottore? (F.C.) Dice la signora di avere un appuntamento con lei, è vero? –
Mi chiedo se siamo in un centro diurno per handicappati, come ci avevano informato, o davanti ad una base del Pentagono.
– Va bene, entrate… – il tono ancora sospettoso.
Il “tono sospettoso” assume le sembianze di un ‘ infermiera sulla sessantina, con zoccoli bianchi e atteggiamento marziale ma gentile:
– Accomodatevi che il Dottore arriva subito. –
Nel cortile assolato transita un tipo dall ‘età indefinibile, lo sguardo vuoto, mormora una litania tra sé e sé ripetendo di continuo un gesto rituale; osservandolo, mi convinco che l ‘aver lasciato l ‘ “assistenza domiciliare” è stata una scelta saggia.
L’ infermiera ci viene incontro:
– Venite, vi accompagno dal Dottore. –
La stanza è grande, fredda, spoglia: squallida. Un tipo sui “quaranta”, radi capelli ricci,
camice sbottonato, è seduto dietro una scrivania che sembra una banco preso in prestito da un istituto tecnico industriale; quando entriamo, alza appena lo sguardo:
– Buongiorno, ha avuto difficoltà a trovare la strada? – rivolgendosi ad Anna.
– No, nessun problema, come sta? –
– Bene, grazie. –
– Beh… questo è Marco. –
La reazione del medico è inesistente. Anna esce dalla stanza.
Mi siedo mentre il tipo continua a fissarmi con occhi assenti, l’atteggiamento finto-rilassato.
– Bene, qual ‘ è il problema? –
Cazzo! Mi vengono in mente almeno sette battute “da film” contemporaneamente, prima fra tutte: “è lei il dottore! ”. Invece rispondo:
– L ‘ ansia. – come se fosse il sintomo la causa e la cura in una volta.
– E QUANDO è ansioso? –
Adesso senz ‘ altro, coglione!
– Mah… sempre… –
– E PERCHE’ è ansioso? –
Ora mi alzo e me ne vado!! –
– Beh… non saprei… –
Soltanto adesso il dottore comincia a pronunciare frasi oltre una proposizione di
primo grado… e mi chiede della mia infanzia!
L ‘ uomo che mi sta di fronte è giovane, intelligente, dinamico eppure sta dicendo una serie di idiozie che pensavo sepolte con Pavlov. Sembra che gli ultimi quaranta anni di ricerche psichiatriche, neurologiche e, soprattutto, psicologiche, gli siano scivolati addosso senza scalfirlo.
Provo a intromettermi dicendo che forse, la bioenergetica….
Scansa l’argomento come un insetto fastidioso, mettendo Lowen alla stessa stregua del Vudù haitiano.
Squilla il telefono. Dev ‘ essere un collega, cominciano a parlare di AUTOMOBILI!
Lui è entusiasta di un recente acquisto, l’ultimo modello di non so cosa!
Io non sono snob, non molto perlomeno, ma Cristo: automobili!!
Se non fosse che sono qui perché ho dei problemi reali, mi starei divertendo parecchio.
Riaggancia.
– Lei è depresso. – conclude, lapidario.
Mi consiglia un ‘ analisi Junghiana e mi prescrive degli antidepressivi.
Mi accompagna alla porta mentre Anna ci viene incontro; non vuole assolutamente essere pagato. “e ci mancherebbe!! “penso, mentre insisto debolmente.
– Come è andata? – mi chiede Anna
– Bene. – mento io.
La farmacista legge la ricetta con attenzione, cerca tra gli scaffali, mi restituisce ricetta e una scatola verde e bianca:
– Quarantotto euro. –
La Vera Medicina, l’unica Medicina: la Medicina Ufficiale!
Quarantotto euro.