
Non ci si risparmia nel Rock, nulla è sacro, tutto è fuoco consunzione scioglimento, la vita e i dischi uniti nella lotta, ridotti a stracci, nessuna sacralità, né dentro né fuori, atti d’amore durevoli come istanti lunghi secoli. Era notte ormai e organizzavamo un veglione Rock nell’appartamento vuoto come lo spazio siderale e affittato per l’occasione e Clapton sul piatto fa scattare l’embolo, la birra Nastro Azzurro è carburante e poi, seduta accanto, quello sguardo felino dal basso verso l’alto col sorrisetto ironico ti sbanda il sistema nervoso, prendi la penna e scarabocchi vorresti parlare ma parla la chitarra di Eric. E c’è sempre quello saccente che ripete Cocaine è di J.J.Cale e lo sappiamo tutti che è di Cale, ma va bene statti muto mentre lo sguardo della gatta si avvicina e percepisci il profumo di vaniglia dei suoi capelli, ti gira la testa l’amico ti distrae balzando a cavallo di Lay Down Sally, il lazo immaginario sulla sua testa, e tutti pronti via. Poi la vaniglia umana ti sfiora con quella mano che era una specie di pettirosso bollente, forse lancia messaggi di nudità incombente, forse, allora non ti tieni più e nella retrocopertina ti lanci in un Dolce Stil Novo diretto abbattendo il polisemico della timidezza, Ornella, diavolaccia, dove sarai finita? Poi con quella voce da angioletto che ti dice balliamo Wonderful Tonight, il vecchio manolenta l’ha scritta per Patty dopo averle già regalato Layla, e raddoppia su Something di George, due a uno e palla al centro, e mi sembra ieri, mi sembra ieri, quella chitarra da luna sul mare e lei, i suoi occhioni gattiferi, il profumo dolciastro di vaniglia e la mattonella e i quattro piedi vicini, sempre più vicini, e terminò al veglione, a festeggiare l’alba e il futuro, tutte le notti meravigliose da allora, come quella, con Eric a fare il palo e noi a rubarci l’amore.