
È ricordato come l’attore militante per eccellenza, sia a causa delle opere teatrali che ha messo in scena sui palchi e sulle strade con compagnie “guerrigliere”, sia dei ruoli accettati o rifiutati per il suo lavoro sul grande schermo.
Il suo credo si potrebbe riassumere con il passaggio brechtiano secondo il quale «per l’arte essere ‘apartitica’ non significa altro che essere ‘del partito dominante’.
Volto del cinema italiano d’impegno sociale e politico degli anni Settanta.
È stato il redattore capo di “Sbatti il mostro in prima pagina”, il presidente dell’ENI, Enrico Mattei, ne “Il caso Mattei” di Francesco Rosi, e il notabile democristiano di “Todo Modo” di Elio Petri, mentre resta memorabile la sua interpretazione ne “A ciascuno il suo” .
Non c’era personaggio che non sapesse rendere indimenticabile: da Vanzetti a Moro, da Lucky Luciano a Enrico Mattei, dall’umile operaio Mimi (de “La classe operaia va in paradiso”)a Giordano Bruno.
Senza contare le sue performance televisive: è stato Michelangelo e Caravaggio, Rogozin ne ‘L’Idiota’ e Radek in un’inchiesta di ‘Maigret’.
Tutti i personaggi ostici, problematici e controversi erano suoi, se ne appropriava talvolta aggiungendo e talvolta togliendo con grande abilità drammatica.
Aveva qualcosa di speciale, un misto di talento naturale, capace di plasmare qualsiasi personaggio, derivante da una passione civile costante ed incondizionata.
‘Io accetto un film o non lo accetto in funzione della mia concezione del cinema. E non si tratta qui di dare una definizione del cinema politico, cui non credo, perché ogni film, ogni spettacolo, è generalmente politico. Il cinema apolitico è un’invenzione dei cattivi giornalisti. Io cerco di fare film che dicano qualcosa sui meccanismi di una società come la nostra, che rispondano a una certa ricerca di un brandello di verità.
Per me c’è la necessità di intendere il cinema come un mezzo di comunicazione di massa, così come il teatro, la televisione.’
Il 6 dicembre 1994 se ne andava l’immenso Gian Maria Volonté.