
Il cervello, substrato fisico della mente, è l’interfaccia tra la percezione (interna ed esterna) e l’espressione creativa. Non solo “registra” gli anni di studio e applicazione traducendoli in abilità tecnica, ma permette di trasdurre il vissuto dell’oltre in un’opera d’arte.
Il cervello è composto da una rete di cellule (neuroni e cellule gliali) responsabili della complessità delle sue funzioni. Lo “scheletro” di questa rete è costituito dai microtubuli, che sostengono la forma e la struttura delle cellule svolgendo un ruolo chiave nella comunicazione tra loro.
Secondo Stuart Hameroff e Roger Penrose(1) la coscienza è il risultato degli effetti della “gravità quantistica”(2) nei microtubuli. I due scienziati hanno infatti formulato la teoria della “coscienza quantica” (teoria Orch-Or)(3), in cui ipotizzano che i microtubuli siano il tramite tra la coscienza individuale e quella del sistema, mettendo in contatto il mondo mentale con quello fisico. Le caratteristiche dei microtubuli, descritte mediante la fisica quantistica, permettono di considerarli come “ricetrasmettitori” in uno stato “neutro”.
Cercando di semplificare, immaginiamo che i microtubuli siano un lago e l’evento coscienza sia un sassolino che, lanciato nell’acqua, dia inizio alla propagazione di un’onda. Se l’acqua è in quiete, in uno stato “neutro”, l’effetto del sassolino è visibile: la superficie del lago si increspa producendo una serie di piccole onde. I microtubuli sembrano, pertanto, perfetti come recettori della percezione dell’Oltre che crea “l’increspatura”. Questo evento non solo è rilevabile, ma avviene – in virtù delle proprietà quantistiche dei microtubuli – in più punti della rete, contemporaneamente e in modo perfettamente sincronizzato. Tutto ciò si traduce in segnali visibili di comunicazione tra cellule nervose, come le attivazioni elettriche, il rilascio di neurotrasmettitori e l’aumento dell’afflusso di sangue nelle zone del cervello deputate a decodificare l’evento cosciente.
L’artista, nel suo sforzo di sentirsi “unito” e parte di un Tutto, tende a tacitare i pensieri e a entrare in una sorta di stato meditativo. Questo stato è riconducibile all’attivazione nel cervello delle aree che, secondo Raichle et al, costituiscono la Default Mode Network (DMN)(4). Quando la DMN è attivata, le varie aree del cervello vengono sincronizzate(5), come se un direttore d’orchestra tornasse a dettare il ritmo dopo una fase di suoni caotici.
È possibile ipotizzare che l’“Onda” generata dall’evento di percezione nei microtubuli, come teorizzato da Hameroff e Penrose, associata alla condizione di Default Mode, sia libera dagli elementi caotici del pensiero e venga più facilmente decodificata in modo coerente al percepito.
Oltre a ciò, possiamo ipotizzare che la percezione cosciente avvenga tramite fenomeni di “entanglement” (interazione)(6) a carico delle particelle stesse che costituiscono i microtubuli (Azoto, Carbonio, Idrogeno, Ossigeno, Zolfo).
In virtù dei fenomeni quantistici di interazione tra le particelle elementari, è possibile ipotizzare che gli elementi costituenti le molecole all’interno del cervello agiscano anch’essi da “recettori” – mediante “trasmissione quantica”(7) – di ciò che avviene in tutto l’universo.
Nel cervello dell’artista, queste complesse interazioni si traducono in un’attivazione che permette la produzione dell’opera.
L’esperienza soggettiva, lo studio della tecnica, l’esperienza materiale e della percezione dell’Oltre “plasmano” il cervello dell’artista, per quel fenomeno descritto come neuroplasticità.
La complessità della percezione profonda fa sì che quanto più il cervello è neuro plastico, ovvero quanto meglio la rete di cellule e microtubuli è interconnessa(8), tanto più sarà facile gestire, da parte dell’artista, le informazioni ricevute. L’interazione è trasferita poi nell’opera, in quanto le particelle della materia plasmata (pigmenti, etc) partecipano “per entanglement” al momento di coscienza.
Il valore universale di un vissuto traspare attraverso la libera individualità dell’artista e si esprime nella traduzione del percepito a livelli più “materiali” attraverso la tecnica. Tuttavia, un’opera collettiva, a cui partecipano più artisti, avrà maggiori probabilità di esprimere un messaggio universale. È la creazione “contemporanea” che permette di ridurre al minimo la soggettività lasciando trasparire, da più parti, l’unico messaggio. La cooperazione di più artisti rende più “attendibile” la percezione dell’Oltre, in quanto vengono mediate e appianate le variabilità individuali. Infatti, immaginando l’artista come uno “strumento di misura”, possiamo dire che rilevazioni fatte da più “strumenti” rendono i risultati più scientifici, più vicini al valore reale.
Un singolo artista dunque suona la sua musica, e ci può deliziare con il suo strumento… Ma solo un orchestra può dar vita a un concerto(9) e al fascino di una sinfonia(10).