
Dracula di Bram Stoker (1992) regia di Francis Ford Coppola
Dracula di Coppola è un capolavoro. Dark-romantico che lacera il cuore. Un film che trasforma il mito del vampiro in una tragedia d’amore, dove ogni ombra sa di desiderio e dannazione. Gary Oldman è un Dracula consumato dal dolore, un’anima condannata che non smette mai di amare, e proprio per questo fa venire voglia di piangere. Sotto la superficie gotica, Coppola tocca anche le paure del suo presente: anni in cui l’AIDS era ancora un fantasma inarrestabile, senza gli antiretrovirali che dal 1996 salvano la vita. Il sangue diventa allora simbolo di intimità, pericolo e stigma; l’idea stessa del “contagio” è mostrata come una forza che isola, che trasforma e che condanna. A questo si intrecciano richiami all’Esorcista, soprattutto nelle scene con Lucy: il suo corpo martoriato, le convulsioni, il sangue vomitato, e Van Helsing che arriva come un esorcista bizzarro e implacabile. La sua stanza e la casa in cui si consuma la trasformazione diventano quasi uno spazio infestato, un luogo dove il sacro e il profano si scontrano in modo viscerale. E poi arriva l’ultima mezz’ora, di una bellezza rara. Un crescendo visivo ed emotivo fatto di sacrificio, redenzione e palpitazioni d’amore che stringono la gola. Un finale che sembra una preghiera sanguinante, capace di unire l’orrore al sublime in un unico respiro.
Perfetto