
L’imperatore Adriano, noto per il suo amore per la filosofia greca e per i suoi lunghi anni di regno, nei quali consolidò le frontiere dell’Impero Romano, ebbe un favorito, chiamato Antinoo.
Il giovane, originario della Bitinia (regione dell’Asia minore), raggiunse Roma molto giovane, per completare la sua istruzione nella capitale dell’Impero.
Ben presto, divenuto famoso per la sua straordinaria bellezza, venne introdotto nella corte dell’imperatore.
Molti biografi, sia antichi che moderni, hanno descritto il rapporto tra l’imperatore e il suo giovane amante nella formula della “pedarastia”, assai diffusa e comune nel mondo antico: un uomo adulto prende come amante e allievo un giovane, istruendolo nelle scienze e nella filosofia.
Le testimonianze antiche raccontano di come Adriano volesse essere seguito in ciascuno dei suoi viaggi da Antinoo, preferendo la sua compagnia a quella di chiunque altro.
Non ci stupisce, allora, sapere di come l’improvvisa morte del giovane, avvenuta durante un viaggio sul Nilo, nel 130 (Antinoo aveva allora circa 20 anni), possa aver sconvolto l’imperatore.
Sulla morte di Antinoo, ancora avvolta nel mistero, circolano tre ipotesi:
-il giovane potrebbe essere annegato, in un tragico incidente;
-Antinoo potrebbe essere stato vittima di una congiura di palazzo, orchestrata per eliminarlo da parte dei suoi nemici;
La terza ipotesi, quella più suggestiva, sostiene che la fine del bellissimo giovane sia dovuta ad un vero e proprio sacrificio umano, celebrato in favore dell’imperatore.
Adriano, infatti, era da tempo malato e oramai anziano. L’imperatore-filosofo era un seguace dei culti misterici eleusini, che fece celebrare ad Atene.
Dobbiamo poi ricordare come gli imperatori romani reggessero le insegne dei faraoni, facendo propria la cultura egizia e soprattutto quella greco ellenistica, tanto amata proprio da Adriano.
Questo sacrificio potrebbe essere avvenuto per contrastare un’incombente minaccia: un astrologo aveva infatti previsto la prossima morte dell’imperatore.
Molti commentatori dell’epoca riportano infatti che nel secondo secolo fosse consuetudine, tanto nella celebrazione dei Misteri quanto nella tradizione egizia, ritenere che la morte di un individuo, sacrificato, potesse direttamente allungare la vita e migliorare la salute del destinatario.
Secondo questa ipotesi, la morte di Antinoo sarebbe stata volontaria, dettata dalla volontà di salvare la vita di Adriano.
Cassio Dione Cocceiano e Sesto Aurelio Vittore, autori dell’epoca, riaffermano questa tesi.
L’imperatore, sconvolto dalla perdita del giovane, lo fece mummificare ed elevare al rango di divinità, in Egitto nelle vesti di Osiride, nel resto dell’impero nelle vesti di varie divinità minori.
Per Antinoo venne fondata una città e creata una costellazione, a lungo rimasta famosa nel cielo.
Cosa possiamo leggere in questa ipotesi del sacrificio?
Pare evidente il tentativo, desiderato tanto da Antinoo quanto da Adriano, di fare “Uno”: la morte del giovane non avrebbe sancito la sua scomparsa, quanto la continuazione della sua vita nel corpo, reso di nuovo giovane e forte, dell’imperatore.
Si tratta di un fantasma comune nell’amore: il tentativo di fare “Uno” con l’altro, di divenire una cosa sola, di cancellare ogni differenza e discontinuità.
Per questo, dopo un rapido e acceso fuoco di passione, spesso gli amori si spengono: perché incontrano la disillusione dell’“Uno”, la radicale impossibilità di coincidere.
Essere “Uno” con l’altro è destinato ad essere un fantasma, la prima minaccia alla continuità dell’amore.